Pèlerinage sur les chemins de Saint Jacques de Compostelle
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Ho scelto di proporvi il testo, sotto, perché attraverso di testimonianze certamente differenti, ritrovo il cammino che ho vissuto e le sensazioni che mi hanno e mi attraversano.
Estratto di Croire aujourd’hui n°83 del 1mo gennaio 2000
http://www.jesuites.com/missions/intelligence/croire.htm
Gaële de la Brosse (GB), Co-fondatore ed redattore capo della rivista Chemins d’étoiles..
Paul de Sinety (PS), scrittore, autore di l’amour des voyageurs (Editions Balland, 1999) e di un film sul padre Ceyrac.
Aymeric Magnan de Bellevue (AMB), studente in statistiche ed in informatica, squadra nazionale della missione studentesca cattolica di Francia.

Cammini di pellegrinaggio

Che cosa è la vostra esperienza del pellegrinaggio ? Perchè Vi avete avviato ?

AMB : Sono andato spesso a Chartres, piuttosto come organizzatore. L'anno scorso, ho seguito la strada di Santiago de Compostela, da Le Puy a Santiago de Compostela. Mi ha preso 30 giorni. Eravamo due, siamo partiti a bici, perché non potevo camminare. Avevo avuto l'occasione di registrare una messa di San Jacopo che un amico aveva composto. Durante questa registrazione, si ha passato una proiezione di diapositive di due pellegrini pensionati, che hanno fatto un processo di coppie verso Santiago de Compostela. Eravamo venti da registrare, fra quale sette o otto già avevano fatto questo pellegrinaggio. Tre fra di noi allora hanno detto : l’anno prossimo si va. Si parla “ della chiamata di San Jacopo ”. Perchè si risponde ad una chiamata ? Si non conosce molto bene.
PS : Nel 1995-1996, sono andato a piedi da Parigi a Gerusalemme. Ho camminato da solo per otto mesi. Gerusalemme era all'inizio soltanto un punto geografico da raggiungere. Mentre camminavo, mi sono reso conto che era più di quella, poichè è il posto della morte e della risurrezione del Cristo, su che cosa fonda la mia fede. Per quanto riguarda i motivi per cui si va, direi egualmente che è per rispondere ad una chiamata. Non sapevo di quale genere di chiamata si agiva. Oggi distinguo meglio il senso di questo cammino, ma all' inizio, c’era un genere di sfida, una volontà di confrontarsi al mondo, di bussare alle porte, chiedere dove dormire, vivere una povertà...
GB : Da quando ho quindici anni, accompagno vari gruppi di giovani sulle strade. Così abbiamo camminato verso alti posti di spiritualità : Roma, Assisi, Fatima. Un estate, abbiamo cominciato da Fatima per andare verso Santiago de Compostela. Siamo arrivato così dal sud. Allora ho risentito uno scontro importante. Ho saputo che era necessario che riprenderei ancora la strada di Santiago de Compostela, ma questo volta mentre andava verso l'ovest, verso il tramonto. E sono partito l’anno dopo, andante con un gruppo di Saint Jean Pied de Port a Santiago de Compostela (800 chilometri). Da questa corsa, non sono cessato di attraversare i cammini di Santiago de Compostela.Nel 1991, ho organizzato una transeuropea con pattini e rotelle, da Santiago de Compostela a Czestochowa (4.000 chilometri). All' inizio, gli attori di questa staffetta erano sportivi : all'arrivo, pellegrini. Tre anni fa, ho egualmente fatto il “ Tro Breiz ”, il giro di Bretagna per i sette vescovadi, per provare un cammino circolare e non un lineare. Penso che l'orientamento è molto significativo nello spostamento. Il cammino di Santiago de Compostela si muove verso l’occidente, dove il sole muore. Ci invita così a mettere a nudo l'uomo anziano, a abbandonare i suoi “ vecchi vestiti ” per cominciare una nuova vita. In un pellegrinaggio circolare, si vive la camminata idi maniera molto differente : si circoscrive un territorio, si lo abita. Ma si ritorna al punto di partenza. Il pellegrinaggio di Santiago de Compostela rimane per me il più straordinario, perché vale per il percorso che si realizza prima di arrivare : questo percorso ha tanto importanza che il suo esito.

Siamo in una società urbana e parlate della chiamata della strada. Non è questo spostato confrontato ai nostri modi di vita ?

AMB : La strada, è pure quella del beatnik che va a Katmandù. Il pellegrinaggio, è differente, c’è uno spiritualità che è ancorata, una fede che è messa a prova. Per me, quello era come una battaglia, d'una missa in prova, che non ha di una ricerca vagamente esoterica. La camminata è molto alla moda oggi, anche si quella sembra spostato.
PS :  È una fortuna di potere andare, di tentare, durante un tempo piuttosto longo, di fare l'esperienza dei suoi limiti, dell'altra che si incontra, della bellezza del mondo che si scopre, dei riferimenti dello spazio e del tempo che cambiano, di un altro ritmo.
GB : Uno storico del pellegrinaggio diceva che il pellegrino di oggi “ zoppica ” : è in aggetto di fronte la società attuale. E fortunatamente... perché tramite questo spostamento, il viaggio permette di ritornare all’essenziale, riallacciare con la sua dimensione vera. L'uomo è un peregrinus, cioè etimologicamente uno straniero. Prendere la strada gli permette di incrociare questo straniero che è in lui e così di ritrovarsi di fronte a lui. Il viaggio lo aiuta a vivere completamente la sua quintessenza di homo viator.

Direste che l'alienazione, è la vita ordinaria, e che la vera vita, è la strada ?

GB : Non penso così. C’è uno scoglio a evitare, quello di fare del pellegrinaggio una fuga. Il più duro, come in tutto viaggio, è il ritorno. È necessario da sapere integrare il pellegrinaggio nella vita quotidiana. La camminata, paradossalmente, può essere una tappa nella vita, un modo di ripartire dopo.
AMB : Il fatto di andare per un mese, con soltanto il suo zaino, e di non conoscere troppo soltanto dove si fermarsi la sera, mette in gioco una certa disponibilità. si se mette alla disposizione della strada e si può allora mettersi alla disposizione di Dio. Non sono un grande lettore della bibbia. Ma ci sono cose che mi hanno sempre parlato, per esempio quando il Cristo manda i suoi discepoli in missione in loro dicente : Avrete soltanto un bastone... Il pellegrinaggio è un’esperienza unica, permette di vivere cose molto concrete della bibbia. Quella si scrive in una vita. C’è un lato piuttosto parentesi : si lascia tutto per partire. Quella può essere una fuga, quella può anche permettere di vivere più completamente quello che si ha a vivere dopo il ritorno, perché quella permette di ritrovarsi di fronte sé.

Quale differenza fate fra pellegrinaggio e gita, fra pellegrinaggio e vagabondaggio ? Molta gente fanno della gita oggi. Per quanto riguarda il vagabondaggio, è egualmente una figura della vita e non è determinato che è la stessa cosa che il pellegrinaggio.

AMB : Ho incontrato una coppia di camminatori, che non erano cattolichi né stesso “ spirituale ”, ma che riconoscievano una differenza fra la gita ed i cammini di Santiago de Compostela. Su questi cammini, i contatti che si ha con la gente la sera non sono gli stessi. C’è una ricerca, altra che nella gita. Per quanto riguarda il vagabondaggio, la differenza è che non c’è un obiettivo, mentre nel pellegrinaggio, c’è uno.
GB : È una domanda molto attuale nel pellegrinaggio di Santiago de Compostela. Una parte del percorso è stata posto GR., cioè in cammino di “ grande gita ”. Penso che non è bisogno di opporreil camminatore al pellegrino : si può partire come uno sportivo ed arrivare come un pellegrino. Tuttavia, c’è un pericolo di banalizzazione. È per quello che mi piace la parole di itineranza : si segue un itinerario, con i segnali, ed il cammino lascia il posto al vagabondaggio, alla ricerca dell'anima umana “ esiliata ”. Ma questo vagabondaggio ha un senso. Il cammino vale per l'obiettivo, come l’obiettivo vale per il cammino.
PS : Per me, la differenza non è fondamentale. Il vagabondaggio è necessario, per cercarsi e trovare l'altro. È il vagabondaggio degli Ebrei nel deserto. La gita è la scoperta della bellezza del mondo. Il pellegrinaggio unisce queste due funzioni. Tutto quello è complementare. L'essenziale, è lo spirituale, essere registrato in una vera ricerca, in un’importante ricerca.

Avete cominciato a parlare della scoperta di se. Che avreste gradite di dire ancora ?

PS :  sua persona. Quello face un tutto : l'intellettuale, il fisico. Il pellegrino che viaggia da solo riesce a scoprire poco da poco che cosa è attraverso le prove, le sofferenze, le gioie che incontra. Il pellegrinaggio mette in gioco parecchi modi di rapporto : il dialogo con Dio, nella contemplazione del mondo, ed il dialogo con gli altri. Mi sono reso conto alla fine che il dio era presente pure nello sguardo di quelli che mi alloggievano come quando ero solo sulla strada a camminare. Essere confrontato ai suoi limiti, quindi, rompe un determinato idealismo. Quella rende umile.
GB : Anziché “ scoperta ”, piuttosto parlerei di trasformazione : è la frutta della disponibilità, della separazione. Un’esperienza che ho fatto spesso sulla strada, è quello della morte. Il Cammino di Santiago de Compostela è un cammino di morte e di rinascita. La città di Santiago de Compostela è stata installata su un vecchio compostum, un cimitero : è il santuario dell'estremità delle terre, in cui si vada cercare la sua conchiglia, che è la ciotola per l'ultimo grande viaggio. Mentre cammina, si porta egualmente l'anima di quelli che hanno realizzato questo pellegrinaggio prima di noi e ci hanno traciato la strada. C’è una solidarietà pellegrina, che oltrepassa il tempo. Messo a nudo di tutti, si può trasportare il bagaglio del essenziale.
AMB : C’è effettivamente un’intimità che si crea fra i pellegrini. Nella scoperta di sé, insisterei sulla solitudine, che non è facile. Sono felice di avere fato il cammino di Santiago de Compostela a bici, perché a bici, stesso quando si è con altri, si guida spesso da solo. Quello permette la contemplazione, la meditazione. È egualmente una scuola di umiltà : si alza la mattina, malato, si deve salire duri ascensioni. Che cosa permette di raggiungere dall’alto, è Dio, è la preghiera. I “ jacquaires ” hanno un rosario, a bici si ha dieci dita... Ho fatto l'esperienza molto forte della mia limite fisica, in rapporto con Dio. L'impressione che senza lui, non si potrebbe arrivarci.

C’è un forte intensità di sentimento, nel pellegrinaggio.

PS : È portato al parossismo : desolazione, consolazione, per parlare in parole gesuitica. Non ci sono momenti insipidi. Tranne quando si ferma alcuni giorni : l’insipidezza ritorne, ma con molta morbidezza.
GB : È vero che il tempo è esacerbato, mentre che i piaceri e le sofferenze che si verifica sono dei più semplice : dolori fisici, solitudine, gioia della mano tesa e dei pasti comuni...
AMB : l’insipidezza ritorna rapidamente. È perchè pochi pellegrini si ritardano a Santiago de Compostela : c’è gente dappertutto, si alza la mattina e non si fa più il suo zaino, si rimane nella città a girare. L'obiettivo rimane un obiettivo - si è felice di arrivare - ma il luogo da solo, non si può rimanerci.
GB : Inoltre Santiago de Compostela non è l'obiettivo. È necessario di andare a Padrón, dove la barca dell’apostolo avrebbe abbordato. È necessario di andare fino alla mare.
PS : Direi in contrappunto che Gerusalemme e la Terra santa sono al contrario luoghi dove selo rimane. Sono luoghi che sono stati follati da Cristo ed è significativo. Quello non mi ha portato durante la mia camminata, ma fu un'altra ala del mio pellegrinaggio.
AMB : Il grido di raduno dei “ jacquaires ”, è “ Ultreia ”, cioè : “ andare più avanti ”. Quello ricapitola tutti : un cammino di vita, spiritualità.

Ha parlato, Gaële, del rapporto alla morte, dell'anziano uomo che si mette a nudo. Registra il vostro punto in una fede cattolica ?

GB : I primi viaggi che ho fatto erano camminate “ tradizionali ”, con le bandiere, cantichi, preghiere vocali... Il pellegrinaggio verso Santiago de Compostela era una rivelazione per me, l'apprendistato di un nuovo modo di peregrinazione. Non per una negazione di che cosa avevo vissuto prima, ma un approfondimento. È naturalmente un evento meno puntuale che il pellegrinaggio di Chartres, per esempio, che dura soltanto tre giorni. Ma è sopratutto un cammino differente. Il pellegrinaggio di Santiago de Compostela accompagna tutta la vita. Questo “ cammino di stelle ” non è la proiezione della via lattea sulla terra, una riflessione di questo solco di luce nel cielo ? Sono i soli segnali che ci guidano durante la camminata. È così che il pellegrinaggio è stato un arricchimento della mia fede cristiana. Ma dopo Santiago de Compostela, quando si arriva al mare, c’è più niente, più segnali. Si perde tutti i suoi ancoraggi rassicuranti. E là, se si trova davanti il mistero. Il pellegrinaggio è sempre un inizio di una nuova vita in relazione con Dio, molto più intimo. Un faccia a faccia : la maschera cade.
PS : Il percorso di Santiago de Compostela è effettivamente buono posto, mentre il cammino di Gerusalemme non lo è. Disorientato, camminevo verso l'Est. Ogni volta, l’inatteso poteva emergere, non sapevo mai dove stavo dormire la sera. Ho dovuto attacarmi a trovare Dio in tutto che poteva emergere. È al contrario all'arrivo, in Terra santa, che si trova segnali. Quello mi ha condotto a vedere Dio non distante o irreale, ma al contrario terribile reale. Si passa a volte nei posti sontuoso, con gente formidabile, ma si passa anché nell'umanità variegata, e Dio in questa umanità. È un’esperienza che ho vissuto.
AMB : Una buona parte del pellegrinaggio si faccia la sera alla tappa, nell’incontra con gente differente, con quale si affronta talvolta. Dio, per me, è un compagno di strada. Un Dio incarnate, che soffre con me, che soffre le stesse costrizioni. L'immagine dei pellegrini di Emmaüs. Ho avuto talvolta l'impressione fisica mentre camminando di avere Gesù ai miei lati.

Oggi, come si manifesta e come perdura che cosa avete vissuto ?

GB : Si doveva ricapitolare questa metamorfosi, userei la parola di Providenza. Nel ritorno, si sente accompagnato. Si vive allora in una condizione di disponibilita totale. Si ha soltanto la scelta del “ sì ”. Non C’è più posto per la probabilità : ogni evento è ordinato verso un obiettivo e diventa significativo, come nel pellegrinaggio dove si cammina verso un termine e dove ogni tappa germina della precedente. L'unica cosa che importa, è di riuscire questa traversata, fino all'ultimo passaggio. La strada è un parabole della vita.
AMB : Ci sono strizzatine ogni giorno, che sostengono. Quando leggo ancora che cosa ho vissuto durante cinque anni, mi rendo conto che la mia vita è piena di queste strizzatine, di queste coincidenze. Quello che mi porta oggi, è il grido di raduno dei pellegrini, “ Ultreia ”, va più avanti.
PS : Quello che riusce di questa esperienza nella mia vita, è la creazione, il rischio, i progetti. Quella spinge a creare. È un dinamico. Per la vita spirituale, è per me una presenza reale del Signore. Poiché ho vissuto questo pellegrinaggio di maniera radicale, solo, con questo apprendistato.
Propositi raccolti da Paul Legavre, SJ