Gaële
de
la Brosse (GB), Co-fondatore ed redattore capo della
rivista Chemins d’étoiles..
Paul
de Sinety (PS), scrittore, autore di l’amour des voyageurs
(Editions Balland, 1999) e di un film sul padre Ceyrac.
Aymeric
Magnan de
Bellevue (AMB), studente in statistiche ed in informatica,
squadra nazionale della missione studentesca cattolica di Francia.
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Cammini di pellegrinaggio
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Che cosa è la vostra
esperienza del pellegrinaggio ? Perchè Vi avete avviato ?
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AMB : Sono
andato spesso a
Chartres, piuttosto come organizzatore. L'anno scorso, ho seguito la
strada
di Santiago de Compostela, da Le Puy a Santiago de Compostela. Mi ha
preso
30 giorni. Eravamo due, siamo partiti a bici, perché non potevo
camminare. Avevo avuto l'occasione di registrare una messa di San
Jacopo
che un amico aveva composto. Durante questa registrazione, si ha
passato
una proiezione di diapositive di due pellegrini pensionati, che hanno
fatto
un processo di coppie verso Santiago de Compostela. Eravamo venti da
registrare,
fra quale sette o otto già avevano fatto questo pellegrinaggio.
Tre fra di noi allora hanno detto : l’anno prossimo si va. Si parla “
della
chiamata di San Jacopo ”. Perchè si risponde ad una chiamata ?
Si
non conosce molto bene. |
PS
: Nel 1995-1996, sono andato a
piedi
da Parigi a Gerusalemme. Ho camminato da solo per otto mesi.
Gerusalemme
era all'inizio soltanto un punto geografico da raggiungere. Mentre
camminavo,
mi sono reso conto che era più di quella, poichè è
il posto della morte e della risurrezione del Cristo, su che cosa fonda
la mia fede. Per quanto riguarda i motivi per cui si va, direi
egualmente
che è per rispondere ad una chiamata. Non sapevo di quale genere
di chiamata si agiva. Oggi distinguo meglio il senso di questo cammino,
ma all' inizio, c’era un genere di sfida, una volontà di
confrontarsi
al mondo, di bussare alle porte, chiedere dove dormire, vivere una
povertà... |
GB
: Da quando ho quindici anni,
accompagno vari gruppi di giovani sulle strade. Così abbiamo
camminato
verso alti posti di spiritualità : Roma, Assisi, Fatima. Un
estate,
abbiamo cominciato da Fatima per andare verso Santiago de Compostela.
Siamo
arrivato così dal sud. Allora ho risentito uno scontro
importante.
Ho saputo che era necessario che riprenderei ancora la strada di
Santiago
de Compostela, ma questo volta mentre andava verso l'ovest, verso il
tramonto.
E sono partito l’anno dopo, andante con un gruppo di Saint Jean Pied de
Port a Santiago de Compostela (800 chilometri). Da questa corsa, non
sono
cessato di attraversare i cammini di Santiago de Compostela.Nel 1991,
ho
organizzato una transeuropea con pattini e rotelle, da Santiago de
Compostela
a Czestochowa (4.000 chilometri). All' inizio, gli attori di questa
staffetta
erano sportivi : all'arrivo, pellegrini. Tre anni fa, ho egualmente
fatto
il “ Tro Breiz ”, il giro di Bretagna per i sette vescovadi, per
provare
un cammino circolare e non un lineare. Penso che l'orientamento
è
molto significativo nello spostamento. Il cammino di Santiago de
Compostela
si muove verso l’occidente, dove il sole muore. Ci invita così a
mettere a nudo l'uomo anziano, a abbandonare i suoi “ vecchi vestiti ”
per cominciare una nuova vita. In un pellegrinaggio circolare, si vive
la camminata idi maniera molto differente : si circoscrive un
territorio,
si lo abita. Ma si ritorna al punto di partenza. Il pellegrinaggio di
Santiago
de Compostela rimane per me il più straordinario, perché
vale per il percorso che si realizza prima di arrivare : questo
percorso
ha tanto importanza che il suo esito. |
Siamo in una società urbana e parlate della chiamata
della
strada.
Non è questo spostato confrontato ai nostri modi di vita ?
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AMB
: La strada, è pure quella del beatnik che va a Katmandù.
Il pellegrinaggio, è differente, c’è uno
spiritualità
che è ancorata, una fede che è messa a prova. Per me,
quello
era come una battaglia, d'una missa in prova, che non ha di una ricerca
vagamente esoterica. La camminata è molto alla moda oggi, anche
si quella sembra spostato. |
PS
: È una fortuna di potere andare, di tentare, durante un
tempo
piuttosto
longo, di fare l'esperienza dei suoi limiti, dell'altra che si
incontra,
della bellezza del mondo che si scopre, dei riferimenti dello spazio e
del tempo che cambiano, di un altro ritmo. |
GB
: Uno storico del pellegrinaggio diceva che il pellegrino di
oggi “
zoppica
” : è in aggetto di fronte la società attuale. E
fortunatamente...
perché tramite questo spostamento, il viaggio permette di
ritornare
all’essenziale, riallacciare con la sua dimensione vera. L'uomo
è
un peregrinus, cioè etimologicamente uno straniero. Prendere la
strada gli permette di incrociare questo straniero che è in lui
e così di ritrovarsi di fronte a lui. Il viaggio lo aiuta a
vivere
completamente la sua quintessenza di homo viator. |
Direste che l'alienazione, è la vita ordinaria, e che
la vera
vita, è la strada ?
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GB
: Non penso così. C’è uno scoglio a evitare, quello di
fare
del pellegrinaggio una fuga. Il più duro, come in tutto viaggio,
è il ritorno. È necessario da sapere integrare il
pellegrinaggio
nella vita quotidiana. La camminata, paradossalmente, può essere
una tappa nella vita, un modo di ripartire dopo. |
AMB
: Il fatto di andare per un mese, con soltanto il suo zaino, e
di non
conoscere
troppo soltanto dove si fermarsi la sera, mette in gioco una certa
disponibilità.
si se mette alla disposizione della strada e si può allora
mettersi
alla disposizione di Dio. Non sono un grande lettore della bibbia. Ma
ci
sono cose che mi hanno sempre parlato, per esempio quando il Cristo
manda
i suoi discepoli in missione in loro dicente : Avrete soltanto un
bastone...
Il pellegrinaggio è un’esperienza unica, permette di vivere cose
molto concrete della bibbia. Quella si scrive in una vita. C’è
un
lato piuttosto parentesi : si lascia tutto per partire. Quella
può
essere una fuga, quella può anche permettere di vivere
più
completamente quello che si ha a vivere dopo il ritorno, perché
quella permette di ritrovarsi di fronte sé. |
Quale differenza fate fra pellegrinaggio e gita, fra
pellegrinaggio e
vagabondaggio ? Molta gente fanno della gita oggi. Per quanto riguarda
il vagabondaggio, è egualmente una figura della vita e non
è
determinato che è la stessa cosa che il pellegrinaggio.
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AMB
: Ho incontrato una coppia di camminatori, che non erano
cattolichi
né
stesso “ spirituale ”, ma che riconoscievano una differenza fra la gita
ed i cammini di Santiago de Compostela. Su questi cammini, i contatti
che
si ha con la gente la sera non sono gli stessi. C’è una ricerca,
altra che nella gita. Per quanto riguarda il vagabondaggio, la
differenza
è che non c’è un obiettivo, mentre nel pellegrinaggio,
c’è
uno. |
GB
: È una domanda molto attuale nel pellegrinaggio di Santiago
de
Compostela. Una parte del percorso è stata posto GR.,
cioè
in cammino di “ grande gita ”. Penso che non è bisogno di
opporreil
camminatore al pellegrino : si può partire come uno sportivo ed
arrivare come un pellegrino. Tuttavia, c’è un pericolo di
banalizzazione.
È per quello che mi piace la parole di itineranza : si segue un
itinerario, con i segnali, ed il cammino lascia il posto al
vagabondaggio,
alla ricerca dell'anima umana “ esiliata ”. Ma questo vagabondaggio ha
un senso. Il cammino vale per l'obiettivo, come l’obiettivo vale per il
cammino. |
PS
: Per me, la differenza non è fondamentale. Il vagabondaggio
è
necessario, per cercarsi e trovare l'altro. È il vagabondaggio
degli
Ebrei nel deserto. La gita è la scoperta della bellezza del
mondo.
Il pellegrinaggio unisce queste due funzioni. Tutto quello è
complementare.
L'essenziale, è lo spirituale, essere registrato in una vera
ricerca,
in un’importante ricerca. |
Avete cominciato a parlare della scoperta di se. Che
avreste gradite
di dire ancora ?
|
PS
: sua persona. Quello face un tutto : l'intellettuale, il
fisico.
Il
pellegrino che viaggia da solo riesce a scoprire poco da poco che cosa
è attraverso le prove, le sofferenze, le gioie che incontra. Il
pellegrinaggio mette in gioco parecchi modi di rapporto : il dialogo
con
Dio, nella contemplazione del mondo, ed il dialogo con gli altri. Mi
sono
reso conto alla fine che il dio era presente pure nello sguardo di
quelli
che mi alloggievano come quando ero solo sulla strada a camminare.
Essere
confrontato ai suoi limiti, quindi, rompe un determinato idealismo.
Quella
rende umile. |
GB
: Anziché “ scoperta ”, piuttosto parlerei di trasformazione :
è
la frutta della disponibilità, della separazione. Un’esperienza
che ho fatto spesso sulla strada, è quello della morte. Il
Cammino
di Santiago de Compostela è un cammino di morte e di rinascita.
La città di Santiago de Compostela è stata installata su
un vecchio compostum, un cimitero : è il santuario
dell'estremità
delle terre, in cui si vada cercare la sua conchiglia, che è la
ciotola per l'ultimo grande viaggio. Mentre cammina, si porta
egualmente
l'anima di quelli che hanno realizzato questo pellegrinaggio prima di
noi
e ci hanno traciato la strada. C’è una solidarietà
pellegrina,
che oltrepassa il tempo. Messo a nudo di tutti, si può
trasportare
il bagaglio del essenziale. |
AMB
: C’è effettivamente un’intimità che si crea fra i
pellegrini.
Nella scoperta di sé, insisterei sulla solitudine, che non
è
facile. Sono felice di avere fato il cammino di Santiago de Compostela
a bici, perché a bici, stesso quando si è con altri, si
guida
spesso da solo. Quello permette la contemplazione, la meditazione.
È
egualmente una scuola di umiltà : si alza la mattina, malato, si
deve salire duri ascensioni. Che cosa permette di raggiungere
dall’alto,
è Dio, è la preghiera. I “ jacquaires ” hanno un rosario,
a bici si ha dieci dita... Ho fatto l'esperienza molto forte della mia
limite fisica, in rapporto con Dio. L'impressione che senza lui, non si
potrebbe arrivarci. |
C’è un forte intensità di sentimento, nel
pellegrinaggio.
|
PS
: È portato al parossismo : desolazione, consolazione, per
parlare
in parole gesuitica. Non ci sono momenti insipidi. Tranne quando si
ferma
alcuni giorni : l’insipidezza ritorne, ma con molta morbidezza. |
GB
: È vero che il tempo è esacerbato, mentre che i piaceri
e le sofferenze che si verifica sono dei più semplice : dolori
fisici,
solitudine, gioia della mano tesa e dei pasti comuni... |
AMB
: l’insipidezza ritorna rapidamente. È perchè pochi
pellegrini
si ritardano a Santiago de Compostela : c’è gente dappertutto,
si
alza la mattina e non si fa più il suo zaino, si rimane nella
città
a girare. L'obiettivo rimane un obiettivo - si è felice di
arrivare
- ma il luogo da solo, non si può rimanerci. |
GB
: Inoltre Santiago de Compostela non è l'obiettivo. È
necessario
di andare a Padrón, dove la barca dell’apostolo avrebbe
abbordato.
È necessario di andare fino alla mare. |
PS
: Direi in contrappunto che Gerusalemme e la Terra santa sono
al
contrario
luoghi dove selo rimane. Sono luoghi che sono stati follati da Cristo
ed
è significativo. Quello non mi ha portato durante la mia
camminata,
ma fu un'altra ala del mio pellegrinaggio. |
AMB
: Il grido di raduno dei “ jacquaires ”, è “ Ultreia ”,
cioè
: “ andare più avanti ”. Quello ricapitola tutti : un cammino di
vita, spiritualità. |
Ha parlato, Gaële, del rapporto alla morte,
dell'anziano uomo
che
si mette a nudo. Registra il vostro punto in una fede cattolica ?
|
GB
: I primi viaggi che ho fatto erano camminate “ tradizionali
”, con le
bandiere, cantichi, preghiere vocali... Il pellegrinaggio verso
Santiago
de Compostela era una rivelazione per me, l'apprendistato di un nuovo
modo
di peregrinazione. Non per una negazione di che cosa avevo vissuto
prima,
ma un approfondimento. È naturalmente un evento meno puntuale
che
il pellegrinaggio di Chartres, per esempio, che dura soltanto tre
giorni.
Ma è sopratutto un cammino differente. Il pellegrinaggio di
Santiago
de Compostela accompagna tutta la vita. Questo “ cammino di stelle ”
non
è la proiezione della via lattea sulla terra, una riflessione di
questo solco di luce nel cielo ? Sono i soli segnali che ci guidano
durante
la camminata. È così che il pellegrinaggio è stato
un arricchimento della mia fede cristiana. Ma dopo Santiago de
Compostela,
quando si arriva al mare, c’è più niente, più
segnali.
Si perde tutti i suoi ancoraggi rassicuranti. E là, se si trova
davanti il mistero. Il pellegrinaggio è sempre un inizio di una
nuova vita in relazione con Dio, molto più intimo. Un faccia a
faccia
: la maschera cade. |
PS
: Il percorso di Santiago de Compostela è effettivamente buono
posto,
mentre il cammino di Gerusalemme non lo è. Disorientato,
camminevo
verso l'Est. Ogni volta, l’inatteso poteva emergere, non sapevo mai
dove
stavo dormire la sera. Ho dovuto attacarmi a trovare Dio in tutto che
poteva
emergere. È al contrario all'arrivo, in Terra santa, che si
trova
segnali. Quello mi ha condotto a vedere Dio non distante o irreale, ma
al contrario terribile reale. Si passa a volte nei posti sontuoso, con
gente formidabile, ma si passa anché nell'umanità
variegata,
e Dio in questa umanità. È un’esperienza che ho vissuto. |
AMB
: Una buona parte del pellegrinaggio si faccia la sera alla
tappa,
nell’incontra
con gente differente, con quale si affronta talvolta. Dio, per me,
è
un compagno di strada. Un Dio incarnate, che soffre con me, che soffre
le stesse costrizioni. L'immagine dei pellegrini di Emmaüs. Ho
avuto
talvolta l'impressione fisica mentre camminando di avere Gesù ai
miei lati. |
Oggi, come si manifesta e come perdura che cosa avete
vissuto ?
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GB
: Si doveva ricapitolare questa metamorfosi, userei la parola
di
Providenza.
Nel ritorno, si sente accompagnato. Si vive allora in una condizione di
disponibilita totale. Si ha soltanto la scelta del “ sì ”. Non
C’è
più posto per la probabilità : ogni evento è
ordinato
verso un obiettivo e diventa significativo, come nel pellegrinaggio
dove
si cammina verso un termine e dove ogni tappa germina della precedente.
L'unica cosa che importa, è di riuscire questa traversata, fino
all'ultimo passaggio. La strada è un parabole della vita. |
AMB
: Ci sono strizzatine ogni giorno, che sostengono. Quando
leggo ancora
che cosa ho vissuto durante cinque anni, mi rendo conto che la mia vita
è piena di queste strizzatine, di queste coincidenze. Quello che
mi porta oggi, è il grido di raduno dei pellegrini, “ Ultreia ”,
va più avanti. |
PS
: Quello che riusce di questa esperienza nella mia vita, è la
creazione,
il rischio, i progetti. Quella spinge a creare. È un dinamico.
Per
la vita spirituale, è per me una presenza reale del Signore.
Poiché
ho vissuto questo pellegrinaggio di maniera radicale, solo, con questo
apprendistato. |
Propositi raccolti da
Paul Legavre, SJ |